Trattamenti termici degli apparecchi a pressione e delle macchine per il settore chimico, della produzione di energia e per l’ingegneria di processo

Trattamenti termici degli scambiatori di calore

Il trattamento termico degli scambiatori di calore è sicuramente l'attività in cui Trater ha maturato la maggiore esperienza ed è in grado, oggi, di supportare il Cliente in questo complesso processo. Il trattamento degli scambiatori di calore è complesso a causa del confluire di problematiche metallurgiche, termodinamiche e, in genere, per la complessità geometrica di questi apparecchi. L’utilizzo, inoltre, di materiali sempre più prestazionali ma difficili da trattare e con specifiche caratteristiche di resistenza alla corrosione, meccaniche e di creep, comporta la necessità di affrontare il riscaldamento degli scambiatori con la massima attenzione e impegno, affrontando il lavoro solo dopo un approfondito studio ingegneristico e metallurgico.

Un trattamento eseguito male, applicando metodologie errate e senza un controllo efficace della temperatura sull’intero manufatto, può comportare deformazioni geometriche macroscopiche (curvatura dei tubi, deformazione delle piastre, avvitamento e flessione dei fasci tubieri), rotture delle saldature tubi piastra/piastre e, anche se non immediatamente riscontrabili, può creare uno stato tensionale di trazione in corrispondenza di specifiche geometrie dei manufatti (piastre tubiere, saldature tubi-piastre, sezioni dei tubi) di valore sufficientemente elevato da esporre l’apparecchio ai fenomeni di stress corrosion crackig e infragilimento da Idrogeno, in particolari condizioni operative. Temperature non sufficienti possono determinare il non completo rinvenimento delle saldature e il non sufficiente rilassamento dello stato tensionale residuo generatosi durante i processi di saldatura, calandratura o prelavorazione meccanica, infragilendo i giunti, riducendo la resistenza a creep del materiale ed esponendo l’apparecchio ai fenomeni precedentemente citati di stres corrosion cracking. Non sono da sottovalutare, inoltre, le conseguenze derivanti dai processi ossidativi della superficie dei tubi (interna ed esterna) per l’influenza nell’esercizio dello scambiatore (inquinamento dei prodotti di processo e riduzione dello scambio termico) e per la generazione di calore esotermico proprio dei fenomeni ossidazione.

In molti casi è necessario trattare l’intero fascio tubiero di uno scambiatore con tubi a “U” o piastra flottante. Le problematiche sono analoghe a quelle descritte per gli scambiatori a piastre fisse. In relazione alle dimensioni del fascio, al numero di tubi, al loro diametro, spessore, alla geometria e numero dei diaframmi presenti, i tubi più esterni dell’apparecchio si riscaldano e raffreddano con maggiore rapidità di quelli interni determinando, per differenza di temperatura e conseguente differenza di dilatazione, deformazioni di notevoli entità e nuovi stati di tensione residua dovuti a vincoli che si vengono a creare con i diaframmi e con le piastre tubiere. Le distorsioni geometriche possono rendere impossibile l’infilaggio del fascio nel mantello e ridurre l’efficienza termica dello scambiatore mentre le tensioni residue possono esporre l’apparecchio a gravi danni durante l’esercizio.

Durante il trattamento, il mantello degli scambiatori si riscalda e raffredda agevolmente perché lambito dai gas turbolenti, generati dai bruciatori, mentre il fascio tubiero, racchiuso nell’apparecchio (in un ambiente fermo, senza apporto diretto di calore se non per convezione naturale che determina stratificazione dell’aria), si riscalda e raffredda molto più lentamente determinando forti differenze di temperatura nel manufatto.

In particolare, il naturale allungamento del mantello durante la fase di riscaldamento, non essendo accompagnato dai tubi, può comportare la deformazione delle piastre tubiere, il cedimento delle saldature tubo-piastra e/o lo stiramento dei tubi; le ricalcature locali del materiale corrisponderanno sicuramente a zone sollecitate a trazione dopo trattamento termico.

In raffreddamento, invece, in relazione alla massa e geometria dei tubi, il fascio tubiero dell’apparecchio si raffredda con gradienti inferiori rispetto al mantello e possono determinarsi sforzi di compressione oltre il limite elastico del materiale (in temperatura) con ricalcature, deformazioni e generazione di stati di tensione residua di trazione, che possono esporre l’apparecchio in esercizio, come già accennato, ai noti problemi di tensocorrosione, fatica e infragilimento da idrogeno.


Nell’ambito della complessa geometria di uno scambiatore a piastre fisse, inoltre, il mancato raggiungimento della corretta temperatura di stasi su tutto l’apparecchio, determinerà zone in cui non avviene la distensione e il rinvenimento delle saldature e le durezze elevate, fungendo da punti di concentrazione degli sforzi, potranno generare cricche in esercizio. Vari studi hanno dimostrato che valori di durezza della zona fusa e della zona termicamente alterata delle saldature al di sotto dei 200HB (per gli acciai al carbonio) e di 240HB (per gli acciai bassolegati o legati) sono ottimali per l’esercizio di questi apparecchi anche quando soggetti ad attacco corrosivo, come indicato dalle direttive NACE.

Trater negli anni 90 ha messo a punto tecnologie di trattamento degli scambiatori di calore precedentemente descritti in grado di ridurre e, nelle maggior parte dei casi, di annullare tutti i problemi indicati. All’intuizione iniziale di forzare gas caldi a volume e temperatura controllata all’interno dei tubi con lo scopo di uniformare la temperatura degli apparecchi, Trater ha sviluppato tecniche più sofisticate di riscaldamento e raffreddamento dei manufatti per trattare gli scambiatori e i fasci tubieri geometricamente più complessi, in acciaio al carbonio, in acciaio basso legato e legato, leghe ad alto tenore di nichel, titanio, rame e con particolari problemi di ossidazione.

Trater ha messo a punto inoltre metodi molto validi ed efficienti per il controllo della temperatura in tutte le parti più critiche degli apparecchi, utilizzando in alcuni casi fino a 140 termocoppie applicate a diretto contatto del pezzo; con un software appositamente realizzato in grado di calcolare in tempo reale le temperature medie e gli scostamenti tra le varie parti dello scambiatore e un monitoraggio del ciclo termico 24 ore su 24 con nostro personale altamente specializzato, è in grado di garantire il miglior risultato del trattamento. Trater negli anni in Italia e all’estero, si è guadagnata il titolo di azienda strategica di supporto alle più importanti realtà industriali del nostro paese, specializzate nella costruzione di scambiatori di calore favorendo l’acquisizione di importanti commesse in un settore dell’industria che non conosce crisi e che è da sempre un traino dell’economia, che sta evolvendo alla pari delle tecnologie per il recupero energetico.

Per ogni tipo di materiale, per ottenere la sua migliore distensione evitando di ridurne le caratteristiche meccaniche, in Trater sono adottate le opportune temperature di stasi. Come noto infatti per tutti i materiali, all’aumentare della temperatura, risultano molto accelerati i fenomeni di diffusione atomica dovuti alla ricristallizzazione, la precipitazione dei carburi e, in genere, a variazioni microstrutturali che possono variare il comportamento in esercizio del materiale.

Ad esempio:

  • Per gli acciai al carbonio manganese (C max 0,24% – Mn 1,7% max) è applicabile una temperatura di distensione e PWHT compresa tra 550°C e 630°C ottenendo un buon grado di distensione, il rinvenimento delle strutture instabili della zona termicamente alterata (soprattutto per giunti di alto spessore) per trasformazione e precipitazione di carburi, con conseguente incremento delle caratteristiche di duttilità e tenacità del materiale e riduzione della durezza. Temperature superiori i 650°C sono dannose e tempi di permanenza troppo lunghi provocano un eccessivo ingrossamento dei carburi, a bordo grano.
  • Gli acciai microlegati (forniti con trattamento di laminazione controllata – di normalizzazione o termomeccanica) presentano strutture metallurgiche più complesse e temono in particolare il decadimento delle caratteristiche meccaniche in ZTA e nel materiale base, a causa dell’interazione con il trattamento di fornitura del materiale.
  • Gli acciai bonificati, invece, possono essere soggetti a rischi di evidente perdita di duttilità se non addirittura di formazione di difetti, pur essendo il trattamento necessario qualora al completamento delle operazioni di saldatura siano ancora presenti strutture fuori equilibrio.
  • Gli acciai al nichel per impiego a bassa temperatura hanno un comportamento molto variabile in funzione della composizione chimica, del trattamento di fabbricazione e dell’accoppiamento con il metallo d’apporto; la temperatura del trattamento di distensione deve essere oggetto di accurate valutazioni.
  • Appare pertanto evidente che l’esecuzione del trattamento termico debba essere oggetto di accurate valutazioni e, ove applicato, eseguito con attenzione particolare e soltanto con di dati certi per i parametri di trattamento relativamente ai tempi e le temperature di stasi, ai gradienti di riscaldamento e raffreddamento. Tutti i cicli che vengono adottati in Trater sono comunque concordati con i Clienti e in conformità ai Codici di costruzione degli apparecchi, nonché con le qualifiche dei procedimenti di saldatura.
Modalità di esecuzione dei trattamenti
Ogni ciclo termico è composto da tre fasi distinte: una prima fase di riscaldamento; una successiva di stasi per un tempo più o meno lungo; un raffreddamento. In ognuna di queste fasi possono venirsi a determinare situazioni in grado di pregiudicare l’esito del trattamento o l’integrità del manufatto in lavorazione.

Durante il riscaldamento i gradienti di incremento della temperatura sono stabiliti in relazione al tipo di materiale, alla geometria del manufatto, al suo spessore e alle caratteristiche dell’impianto utilizzato per il trattamento. Un valido riferimento, quando applicabile, è costituito dalle Normative di costruzione degli apparecchi a pressione che indicano le modalità di riscaldamento, prendendo a riferimento gli spessori massimi dei pezzi.

In questa fase possono facilmente determinarsi differenze di temperatura a causa di un riscaldamento troppo rapido del manufatto, alla sua complessità geometrica o a scambi termici non adeguati tra l’ambiente del forno e l’oggetto in trattamento. Quando le differenze superano determinati valori, in relazione alla geometria locale del pezzo, possono venirsi a generare stati di plasticizzazione in aree circoscritte del materiale per il superamento del suo valore di snervamento in temperatura, con un aumento dello stato tensionale del pezzo e il rischio dell’insorgenza di cricche e/o deformazioni permanenti del manufatto. Differenze di temperatura, anche di entità limitata, inoltre, possono dar luogo nello svolgimento di trattamenti con trasformazioni metallurgiche ad ingrossamento del grano del materiale o ad altri fenomeni indesiderati, per il protrarsi del tempo della successiva fase di stasi, necessario per uniformare completamente la temperatura sul pezzo. Per evitare i problemi citati, in questa fase sarà necessario minimizzare le differenze di temperatura a partire dall’inizio del ciclo, applicando appropriati gradienti di riscaldamento in relazione agli spessori, alla geometria del manufatto e alle caratteristiche dell’impianto di riscaldamento. Dovranno essere utilizzati forni che diano le massime garanzie di uniformità e determinino le minime differenze di temperatura sul pezzo e dovranno essere correttamente posizionate le termocoppie di misura della temperatura ed evitati, compatibilmente con le caratteristiche del materiale, gli inserimenti a forno caldo dei manufatti.

Come visto in precedenza, alla temperature di stasi avvengono la maggior parte dei processi di tipo fisico e metallurgico che determinano l’effetto finale del trattamento. Nei PWHT e nei trattamenti di distensione si ha il rinvenimento delle strutture martensitiche determinatesi durante la saldatura, lo scorrimento e l’annichilimento delle dislocazioni. Come per la fase di riscaldamento, anche durante la stasi potrebbero verificarsi situazioni per cui viene a pregiudicarsi l’effetto del trattamento o l’integrità del pezzo. In Trater, la fase di permanenza dei cicli termici è condotta fin dal suo inizio nel corretto range di temperatura (stabilito in relazione al tipo di materiale e al tipo di trattamento), affinché le trasformazioni avvengano in tutto il manufatto con contemporaneità e, come per la fase di riscaldamento, le differenze di temperatura non determinino situazioni di plasticizzazione locale del materiale, con la conseguente generazione di nuove tensioni residue, distorsioni o rotture.

I parametri di raffreddamento sono stabiliti in relazione alle caratteristiche metallurgiche del materiale, sono influenzati dalla geometria del manufatto, dal suo spessore e dalle performance dell’impianto per il trattamento, comprendendo in questo caso anche i mezzi di raffreddamento. Sono, in genere, necessari raffreddamenti lenti e particolarmente controllati nei trattamenti di distensione.

Come per le precedenti fasi del trattamento è importante che, indipendentemente dalla velocità di raffreddamento, sia sempre ricercata la massima uniformità di temperatura sul manufatto, anche attraverso il suo spessore, per evitare distorsioni e la generazione di stati di plasticizzazione locale, con generazione di nuove tensioni residue. Nel caso di trattamenti di distensione, in Trater, si evita l’estrazione del manufatto dal forno a temperatura elevata; studi da noi condotti su pezzi anche geometricamente molto complessi, non hanno manifestato l’insorgenza di stati di sforzo residuo se estratti dal forno una temperatura inferiore ai 150°C.

Come già più volte accennato, la geometria del manufatto influisce in modo determinante sulle modalità di esecuzione di un trattamento termico. Sono ad esempio da considerarsi semplici i pezzi geometricamente riconducibili a virole aperte sui lati, con spessore costante o con poche differenze, oppure apparecchi cilindrici, chiusi da fondi a basso spessore. Sono invece da annoverare tra le geometrie complesse gli apparecchi cilindrici con alto spessore (per le differenze di temperatura tra la parete interna e quella esterna), chiusi da fondi, strutture saldate di carpenteria con parti a forte differenza di spessore, apparecchi cilindrici con bocchelli e flangie, fasci tubieri di scambiatori, scambiatori di calore con tubi saldati alle piastre. Una struttura definibile come “complessa” in Trater è sempre oggetto di studio approfondito da parte del nostro Ufficio Tecnico, ed è applicata la massima cura nell’esecuzione del lavoro.

Anche le dimensioni e il peso dei manufatti influenzano in modo determinante la conduzione e il risultato di un trattamento:

  • pezzi di peso elevato sono difficili da riscaldare e soprattutto da raffreddare.
  • pezzi di grandi dimensioni necessitano di grandi impianti di trattamento, opportunamente dimensionati affinché il manufatto sia correttamente posizionato al loro interno.

Trater, disponendo di impianti molto grandi e opportune attrezzature di riscaldamento e raffreddamento, può trattare apparecchi a pressione con dimensioni fino a 30 metri di lunghezza e pesi fino a 300 tonnellate.

Il posizionamento del manufatto in forno è anch’esso importantissimo per ottenere i risultati dal trattamento ed evitare danni al pezzo. Quando sono utilizzati forni con bruciatori a fiamma diretta, in Trater, il manufatto o i manufatti sono posizionati in forno, lontani dalle fonti di calore per evitare il contatto delle fiamme che generano pericolosissimi surriscaldamenti, con danneggiamento e plasticizzazione locale del materiale. Nel caso di inserimento di più pezzi in forno, la carica è normalmente approntata in modo che in tutti i casi si abbia la migliore circolazione dei gas caldi sulla superficie dei pezzi, e quindi la migliore uniformità di temperatura.

La supportazione del manufatto è oggetto di un approfondito studio da parte del nostro Ufficio Tecnico per evitare deformazioni e agevolare il suo riscaldamento. Sono sempre adottati un numero adeguato di supporti per evitare distorsioni dovute all’appoggio ed è garantita la libera dilatazione del pezzo sotto l’effetto del calore. Il manufatto in fase progettuale, inoltre, dovrà essere sufficientemente irrigidito per evitare che ad alta temperatura si verifichino cedimenti strutturali, in seguito al collasso per peso proprio della struttura. A questo proposito, i nostri tecnici sono a disposizione dei nostri Clienti per studiare le migliori soluzioni di irrigidimento adottabili sui pezzi.

Al termine del trattamento possono tuttavia rilevarsi deformazioni sui pezzi da attribuire:

  • nell’ordine dei mm o addirittura cm, per i manufatti soggetti a raffreddamenti rapidi (aria forzata, acqua, ecc, tipici dei trattamenti di solubilizzazione o di normalizzazione);
  • nell’ordine dei decimi di millimetro e dei mm, per il rilassamento delle tensioni residue, in pezzi particolarmente tensionati durante la fase di costruzione.

Anche in questo caso possiamo essere di aiuto al Cliente per valutare, nel limite del possibile, le eventuali deformazioni che potrebbero manifestarsi sui pezzi.

Il metodo più valido per il controllo e la misura della temperatura durante i trattamenti termici effettuati in forno si basa sull’utilizzo delle termocoppie. Altri sistemi, sicuramente validi per altri processi, possono facilmente introdurre errori di rilevamento di entità sufficientemente elevata da pregiudicare il risultato del trattamento stesso. È poco indicata, per esempio, la misura della temperatura mediante misuratori ad infrarossi per i problemi connessi con la riflettività dei materiali trattati, dipendenti dalle condizioni della superficie del manufatto, variabili durante il ciclo termico.

Sono utilizzabili vari tipi di termocoppie che si differenziano per la loro geometria, temperatura di utilizzo e metodo di fissaggio ai pezzi. La scelta della corretta tipologia a seconda del tipo di trattamento termico che si andrà ad eseguire, la corretta applicazione dei sensori, la qualità del materiale utilizzato e la qualità di tutti gli elementi della catena di misura, sono fondamentali per evitare falsi segnali, che porterebbero ad errori di esecuzione del trattamento termico, pregiudicando la qualità e gli anni di vita dei componenti in trattamento.

Per maggiori dettagli si faccia riferimento allo specifico paragrafo nella sezione “Società di ingegneria”.

Trattamento termico apparecchi a pressione, per il settore dell'energia e per il settore minerario

Durante l’esecuzione di una saldatura le condizioni di vincolo ed il riscaldamento localizzato sul giunto saldato determinano, per effetto della dilatazione termica del metallo e della diminuzione di resistenza del metallo stesso ad alta temperatura, la nascita di complessi stati di tensione all’interno del giunto saldato. Questo particolare stato di sollecitazione può raggiungere livelli estremamente elevati, anche prossimi al limite di snervamento del materiale e dovrà essere opportunamente valutato in relazione alle condizioni di esercizio del manufatto. In tutte queste condizioni o quando la presenza di tensioni di ritiro possa inficiare il comportamento del metallo saldato, può risultare risolutiva l’esecuzione del trattamento termico dopo saldatura (PWHT) allo scopo di diminuire, se non annullare, lo stato di sollecitazione presente. Con questo trattamento si otterrà;

  • il rinvenimento delle zone a maggior durezza delle saldature con trasformazioni microstrutturali, migliorando la tenacità e la duttilità del materiale;
  • un abbassamento, per diffusione, del contenuto di idrogeno
  • una riduzione delle tensioni residue che, come accennato, andrebbero stimate e sottratte al carico ammissibile del giunto.

L’eliminazione delle tensioni residue interne, inoltre, è indispensabile per limitare il fenomeno della tenso-corrosione in esercizio dei manufatti (stress corrosion cracking). In generale, il rilassamento delle tensioni avviene per l’abbassamento della resistenza meccanica del giunto, nel suo insieme, ottenuto attraverso il riscaldamento generalizzato del componente in forno. Metodi di riscaldamento localizzati solo alle saldature devono invece essere attentamente studiati per evitare che, nell’impossibilità di avere una libera dilatazione delle sezioni del pezzo che subiscono il trattamento, vincolate dalle parti fredde, si vengano a generare nuove tensioni residue per deformazione plastica, locale, del materiale. Le tensioni sotto l’effetto del calore si rilassano per fenomeni di scorrimento in campo plastico, e il loro valore finale corrisponde al carico di snervamento del materiale alla temperatura raggiunta nel trattamento. Trater opera nel settore dei trattamenti termici da quarantacinque anni, ed è in grado di eseguire questi trattamenti garantendo alla Spettabile Clientela i risultati attesi.

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Controllo qualità – I collaudi dopo trattamento termico

Al termine dei trattamenti e, in alcuni casi, prima dell’esecuzione del trattamento, il reparto Controllo Qualità esegue una serie di collaudi sui pezzi. Detti collaudi sono finalizzati a determinare se il trattamento ha raggiunto gli scopi per cui è stato effettuato e, pertanto, sono condotti con i metodi che risultano più idonei a questo obiettivo. Sono eseguiti: • collaudi di tipo documentale • collaudi sui manufatti

I collaudi possibili sui manufatti sono condotti mediante le misure di durezza, analisi micrografiche per replica e le misure di tensione residua. Se concordato con il cliente, Trater, con proprio personale qualificato, può svolgere anche Prove non Distruttive coi metodi UT, MT e PT. Oltre alle prove precedentemente elencate è effettuato un controllo geometrico dei manufatti per il rilevamento di eventuali distorsioni che possono essersi manifestate durante il trattamento.
Al termine del trattamento, il collaudo di tipo documentale riguarda il diagramma. Il controllo è effettuato analizzando il tracciato della registrazione delle temperature per verificare che tutte le fasi del ciclo siano state condotte secondo le disposizioni e le specifiche di riferimento.

Salvo quando concordato diversamente o nel caso dell’applicazione di procedure e specifiche di riferimento del Cliente, in Trater, per eseguire un efficace rilevamento delle durezze si individuano:

  • per i giunti, i diversi procedimenti adottati nei processi di saldatura;
  • per il materiale base, i componenti del manufatto con diverso stato di fornitura (laminati, forgiati, fusi o trattati, in precedenza, termicamente).

Sono, inoltre, identificate nell’ambito del pezzo:

  • le zone più significative relative alla geometria del manufatto e alla sua posizione in forno;
  • le superfici a contatto con i liquidi o i gas aggressivi.

Le misure di durezza sono eseguite sui cordoni di saldatura, nella zona termicamente alterata e materiale base di ciascun procedimento e stato di fornitura. Il numero è stabilito in base alle dimensioni del manufatto ed è rappresentativo delle varie zone del pezzo con almeno n°1 rilevamento sul suo massimo spessore, n°1 rilevamento sul suo minimo spessore e n°1 rilevamento sulla sua parte superiore e inferiore, rispetto al posizionamento in forno, per ciascun materiale, stato di fornitura e procedimento. Nel caso del trattamento contemporaneo di più pezzi, i punti di rilevamento sono suddivisi su più manufatti con le stesse caratteristiche. Le apparecchiature da utilizzare sono tarate ed idonee ad eseguire i rilievi, in relazione alla geometria del pezzo e delle saldature da misurare. Per gli acciai legati e basso-legati, utilizzati nella costruzione degli apparecchi a pressione, dopo trattamento termico, i valori di durezza ammissibili variano in relazione ai materiali, in un campo compreso tra 200–250HB mentre, per gli acciai al carbonio utilizzati per la costruzione di apparecchi soggetti ad attacco corrosivo e Stress Corrosion Cracking (SCC), il valore di durezza massimo accettatile è di 200HB.

Trater è l’unica azienda di trattamenti termici che può certificare l’avvenuta distensione delle saldature, garantendo quindi la stabilità geometrica delle carpenterie e la resistenza allo Stress Corrosion Cracking (SCC) e o l’H2S Service dei componenti per impianti chimici e petrolchimici. Dispone di un reparto di diffrattometria, oltre alla possibilità di eseguire le classiche misure con sistemi estensimetrici o con rumore di barkhausen. Si veda il capitolo “Misura tensioni residue” nella sezione “Società di ingegneria”.
Trater dispone di 12 forni per trattamento termico. Tutti sono qualificati secondo la norma ASTM A991/A991M e secondo la ISO 17663. Per lo svolgimento di certe commesse, alcuni sono qualificati anche API 6A, ISO 10423, GE P28D-AL-0001 o NORSOK M-650. I forni Trater più grandi (21.5m x 8m x h5m) hanno un errore di uniformità in tutto il volume di carica di massimo 10°C rispetto al riferimento. Nei forni più piccoli questo scostamento scende sotto i 5°C. La possibilità di Trater usufruire di un numero elevato di impianti e le loro dimensioni ci consentono di condurre cicli della durata anche di molti giorni, e cicli più brevi, in tempi ragionevolmente rapidi, sulla base di una buona programmazione con il Cliente, per garantire la qualità richiesta in tutte le lavorazioni affidateci. Trater dispone inoltre di impianti per l’insufflaggio di gas caldi all’interno di serbatoi con complesse geometrie interne e scambiatori di calore a piastre fisse e, per la protezione dall’ossidazione di superfici interne di manufatti, abbiamo messo a punto specifici impianti per la circolazione di gas inerte all’interno dei pezzi.

L’organico Trater conta più di 50 dipendenti. Il cuore dell’azienda è l’ufficio tecnico con 12 persone tra specialisti, ingegneri e addetti alla qualità. Un reparto di 9 persone, divise in tre turni, che operano 24 ore su 24, si occupa esclusivamente della sorveglianza dei cicli termici. Gli addetti sono formati con corsi specifici di metallurgia, tecnologie di saldatura, modellistica dei sistemi termici, sistemi di combustione, elettrotecnica e misure; seguono un programma continuo di formazione e aggiornamento. Ogni squadra è formata da uno specialista in elettronica/informatica, un elettricista ed un meccanico, per risolvere tempestivamente tutte le possibile anomalie dei 12 impianti.

Interagendo con i sistemi automatici dei forni i trattamentisti intervengono sulla programmazione delle apparecchiature per ottimizzare i parametri di trattamento, controllano costantemente che tutti i pezzi raggiungano la temperatura di permanenza e vi rimangano per il tempo prescritto, in tutte le loro parti. L’automazione installata sugli impianti negli ultimi anni ha determinato, sicuramente, un incremento della qualità dei trattamenti svolti, ma se non si dispone di personale 24 ore su 24 non è possibile garantire che tutti i pezzi e varie parti degli stessi raggiungano, uniformemente, la temperatura di stasi prevista, e si raffreddino con le modalità necessarie per non determinare nuove tensioni residue.

I sistemi automatici iniziano a contare il tempo di permanenza quando l’aria del forno è arrivata alla temperatura voluta, ma in quel momento sicuramente la temperatura dei pezzi con spessori alti è lontana da tale valore e probabilmente nemmeno ci arriverà prima dell’inizio del raffreddamento. Inoltre non esistono forni automatici capaci di impostare automaticamente, in funzione del comportamento della carica, i gradienti di riscaldamento e raffreddamento, ne di discriminare errate misure di temperatura e intervenire tempestivamente in caso di guasto.

In un mondo in cui le richieste prestazionali e di precisione dei macchinari e degli impianti costruiti sono sempre più elevate, è importante che i clienti possano contare su un fornitore strutturato e affidabile come Trater, che ha a disposizione personale e mezzi per eseguire al meglio i cicli termici.

PWHT – Post Weld Heat treatment e distensione degli acciai legati e bassolegati,
Trattamento termico di distensione di corpi riportati (valvole e parti).

Gli acciai legati e bassolegati sono impiegati nella costruzione di apparecchi e di componenti sottoposti, in esercizio, a forti sollecitazioni, ad alta temperatura. La presenza in questi materiali di percentuali di lega quali il molibdeno (0,5-1,15%) aumenta la resistenza a caldo mentre il cromo (0,5% – 10%) conferisce maggiore resistenza all’ossidazione ad alta temperatura. Per gli apparecchi a pressione, per questo tipo di impiego, sono solitamente utilizzati i seguenti acciai definiti dalle Norme ASTM e ASME o equivalenti Normative e stato di fornitura (lamiere – tubi – forgiati):

  • ASTM / ASME SA387 grado 12 Classe 2 (13CrMo 4-5) – composizione 1% di cromo – 1/2% Molibdeno – temperatura di lavoro efficace fino a 560 ° C
  • ASTM / ASME SA387 Grado 11 Classe 2 – composizione 1,25% di cromo -1/2% Molibdeno – temperatura di lavoro efficace fino a 575 ° C
  • ASTM / ASME SA387 Grado 22 Classe 2 – (10CrMo 9-10)- composizione 2,25% di cromo – 1% Molibdeno – temperatura di lavoro effettivo fino a 600 ° C
  • ASTM / ASME A387 Grade 5 Classe 2 – composizione 5% di cromo – 1/2% Molibdeno

Sono oggetto di trattamento anche gli acciai

  • ASTM/ASME A/SA832-22V con composizione 2¼Cr -1Mo ¼ V, utilizzato in spessori elevati, con requisiti di durezza particolari, elevata tenacità e resistenza a caldo;
  • ASTM / ASME A387 Grado 9 -91 Classe 2 – composizione 7,9-9,6% di cromo – 0,85-1% Molibdeno, con elevate caratteristiche di resistenza a Creep che rendono questi acciai ottimali per gli impianti di produzione energia e buona resistenza all’attacco acido.

Sugli acciai bassolegati e legati Trater normalmente esegue trattamenti di normalizzazione e rinvenimento per ottenere le caratteristiche meccaniche, finali, richieste e trattamenti PWHT o Distensione (Stress Relieving), dopo saldatura.

Il PWHT (Post Weld Heat Treatment) è un trattamento da effettuarsi sulle strutture saldate con lo scopo di rinvenire le zone a maggior durezza delle saldature mediante trasformazioni microstrutturali di diffusione e di migliorare tenacità e duttilità, ottenendo nel contempo un abbassamento del contenuto di idrogeno. Alle temperature normalmente adottate, comprese tra 630°C e 750°C, si ha un forte abbassamento dello stato tensionale residuo (distensione), con un miglioramento della resistenza del materiale ai fenomeni di stress corrosion cracking, quando presenti in esercizio.

Il tempo di permanenza, nella fase di stasi del ciclo termico, deve essere quello minimo per ottenere il massimo beneficio nelle saldature, mentre la temperatura deve essere inferiore a quella a cui il materiale base è stato precedentemente rinvenuto. Per gli acciai al Cromo-Molibdeno-Niobio-Vanadio e per gli acciai Grado 9 e 91, il tempo di permanenza e, soprattutto, la temperatura di PWHT sono fattori importantissimi; pochi gradi di differenza dal range prefissato possono determinare notevoli problemi al materiale. Come per tutti i trattamenti, anche in questo caso, è indispensabile che l’esecuzione del lavoro sia affidata a società competenti; Trater può soddisfare tutte le richieste del cliente disponendo di adeguati forni, attrezzature e conoscenze necessarie per condurre questi cicli termici.

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Asciugatura refrattari

ASCIUGATURA DEGLI APPARECCHI DOPO PROVA IDRAULICA

Spesso per problemi di trasporto, di corrosione, di congelamento, o perchè gli apparecchi lavoreranno con fluidi diversi dall’acqua (esempio olio diatermico da non inquinare) è richiesto che, dopo prova idraulica, prima della spedizione e/o messa in esercizio, vengano completamente asciugati. Se tutte le parti dei manufatti sono accessibili possono essere utilizzati i classici sistemi ad aspirazione o ad aria compressa. Quando le geometrie sono complesse e chiuse è possibile rimuovere completamente i liquidi solo tramite evaporazione, a temperature anche relativamente basse, in modo da non danneggiare eventuali guarnizioni normalmente fornite con gli apparecchi.

Solo con un attento monitoraggio delle temperature, ottenibile unicamente posizionando un adeguato numero di termocoppie in tutti i punti critici dei manufatti e applicando particolari tecniche di ventilazione delle camere chiuse è possibile garantire la completa asciugatura del manufatto, introducendo lo stesso in forni opportunamente attrezzati e predisposti per questo tipo di operazione. Trater ha messo a punto procedure e apparecchiature in grado di rilevare durante e dopo il trattamento la presenza di acqua e, al termine del ciclo termico, viene emesso un certificato analitico attestante la riuscita dell’asciugatura.

La disponibilità in Trater di un numero elevato di impianti e le loro dimensioni ci consentono di eseguire in tempi ragionevolmente rapidi questi cicli della durata anche di molte ore, in relazione alle dimensioni e complessità geometrica dei manufatti, sulla base di una buona programmazione con il Cliente e di garantire la qualità richiesta anche per questo tipo di lavoro. Trater inoltre mette a disposizione i propri spazi per completare il montaggio degli apparecchi dopo trattamento e prove.

ASCIUGATURA (Dry out) DEI REFRATTATI E CURING

Negli anni ’90 Trater ha studiato e messo a punto la tecnologia di asciugatura e ricottura dei refrattari installati in manufatti con insufflaggio di aria calda, a temperatura e volume controllati, in alternativa al metodo ancora oggi utilizzato da altre aziende basato sul semplice riscaldamento con bruciatori a fiamma libera, inseriti negli apparecchi. Sfruttando grandi quantità di gas insufflati all’interno dei manufatti, la nostra tecnologia garantisce l’uniformità di temperatura all’interno dei corpi e l’asportazione forzata del vapore acqueo, anziché la classica stratificazione di calore che si verifica con i bruciatori direttamente operanti all’interno dei pezzi.

Con questa tecnica è ottenibile un’asciugatura uniforme del refrattario e la sua completa ricottura, nelle tempistiche adeguate e con minore generazione di stress nel materiale durante il trattamento. Con i bruciatori invece durante il ciclo termico si hanno, in relazione alle singole fasi di riscaldamento e stasi, forti differenze di temperatura dovute alla stratificazione del calore, al contatto diretto della fiamma con il refrattario e ai fenomeni di irraggiamento, per i quali solo la parte superiore dell’apparecchio si essicca correttamente, mentre la parte investita direttamente dalla fiamma supera abbondantemente la temperatura richiesta dal processo.

Trater, dispone di apparecchiature mobili per l’esecuzione di questo tipo di trattamenti in grado di operare fino a 1200°C, con portate di gas caldi di oltre 20 mila metri cubi/ora, ed esegue interventi direttamente in cantiere e presso gli stabilimenti dei nostri clienti.

Anche per questo tipo di lavorazione è indispensabile un attento monitoraggio delle temperature che effettuiamo con speciali termocoppie, soggette a taratura periodica, posizionate a contatto dei refrattari, soprattutto nei punti più critici (bocchelli, zone lontane dai flussi, zone basse, ecc…), per garantire alla nostra spettabile Clientela la massima qualità del trattamento. Per tutta la durata dei cicli termici, nostro personale specializzato, 24 ore su 24, monitora il procedimento in corso.

Per la richiesta la qualità oggi richiesta anche per questo tipo di trattamento, è indispensabile che i nostri clienti possano contare su un fornitore strutturato e affidabile come Trater, che ha a disposizione personale e mezzi per eseguire al meglio i cicli termici, e fornire pezzi sempre correttamente trattati.

Trattamenti termici localizzati

Il trattamento termico localizzato dovrebbe essere adottato solo nei casi in cui, per motivi di impossibilità di trasporto dei manufatti o per la necessità di eseguire le ultime saldature in opera, non è possibile riscaldare il pezzo in forno. Sono, generalmente, utilizzate resistenze elettriche di opportuna potenza, alimentazione e geometria, per apportare localmente calore alla zona da trattare. E’ un metodo pratico e relativamente semplice ma ogni intervento deve essere oggetto di un accurato studio. Particolare attenzione dovrà essere adottata per le geometrie da trattare se sussiste il rischio di determinare, per differenze di dilatazione, sforzi locali di valore sufficientemente elevato da provocare deformazione plastica del materiale con insorgenza di deformazioni e sviluppo di nuovi stati di tensione residua.

Nel trattamento locale di apparecchi a pressione di forma cilindrica, come indicato anche dai Codici di costruzione, dovranno essere riscaldate, sempre, fasce circonferenziali comprendenti la saldatura da trattare per permettere una dilatazione radiale, uniforme, dell’apparecchio. La larghezza della fascia riscaldata dovrà essere tale da determinare opportuni gradienti di temperatura, in direzione longitudinale dell’apparecchio. Risultano particolarmente critici i bocchelli posti nelle immediate vicinanze delle saldature da trattare, i fondi e le piastre tubiere che, se non riscaldati coerentemente in relazione alla loro geometria, determineranno i fenomeni precedentemente indicati.

Generalmente, è’ sconsigliabile, con questa tecnica eseguire trattamenti locali su manufatti in carpenteria per la complessità geometrica dei pezzi. Trater, quando le difficoltà e i costi relativi alla corretta esecuzione di un riscaldamento locale sono molto elevati, consiglia, se possibile, di trattare l’apparecchio in forno. Siamo, comunque, a disposizione della nostra Spettabile Clientela per fornire tutte le informazioni tecniche in merito alle modalità di esecuzione di trattamenti soprattutto quando sono previsti su saldature di scambiatori di calore o, in genere, per apparecchi in servizio in ambienti aggressivi.

Trattamento parziale in forno

Spesso c’è l’esigenza di trattare solo specifiche parti di apparecchi a pressione. Casi frequenti sono:

  • le saldature tubi-piastre dei fasci tubieri;
  • gli scambiatori di calore nella sola parte dei distributori, comprendendo la saldatura col mantello;
  • i fondi dei corpi cilindrici, comprendendo la saldatura col mantello;
  • la sola parte curvata dei fasci tubieri.

L’inserimento parziale in forno degli apparecchi è una valida soluzione alternativa, in alcune situazioni, al trattamento locale, con resistenze elettriche. È indispensabile, comunque, un approfondito studio di ogni caso e le modalità esecutive dovranno essere decise tenendo conto dei problemi tipicamente connessi con le inevitabili differenze di temperatura che si vengono a determinare nei riscaldamenti parziali di cui si è fatto cenno in precedenza. Un efficace e accurato controllo e misura della temperatura, mediante termocoppie posizionate a diretto contatto del pezzo nei punti più critici, è necessario per raggiungere gli obbiettivi del trattamento (distensione delle tensioni residue e rinvenimento).

Sconsigliato il trattamento parziale degli scambiatori di calore

Trater sconsiglia il trattamento degli scambiatori di calore con elementi resistivi. Le problematiche sono:

  • Trattamento termico saldature circonferenziali tra piastra tubiera e mantello: non è possibile mettere elementi resistivi nel circuito lato mantello. La saldatura raggiungerebbe la temperatura di PWHT solo in pelle (piastra tubiera e mantello freddi continuano ad asportare calore dal cuore della saldatura) e la zona più interna allo scambiatore rimarrebbe non rinvenuta (con meno resilienza) e a durezza più elevata, creando un “corridoio di concentrazione degli sforzi”.
  • Trattamento termico saldature tubo-piastra: per scaldare tali saldature è necessario che si scaldi (dilati) l’intera piastra tubiera, altrimenti eseguire il trattamento equivarrebbe a fare una “calda” alla parte di piastra interessata dai tubi, andando a ricalcare il materiale costretto dalla periferia fredda. Una volta plasticizzato il metallo, tornando freddo, verrebbe a mancare materiale, per cui la zona dei tubi resterebbe sollecitata a trazione, deleteria per il fenomeno dello stress corrosion cracking o della propagazione delle cricche da idrogeno. Ogni stato di trazione velocizza la propagazione delle cricche. Perchè si possa dilatare la piastra tubiera è necessario che si dilatino anche distributori e mantello allo stesso modo, almeno nella zona più prossima. Per scaldare una porzione così ampia di materiale quindi diventa indispensabile almeno il trattamento parziale in forno. In questo modo si ha inoltre il vantaggio di poter controllare anche la dilatazione del mantello che deve essere pari a quella dei tubi; nei trattamenti localizzati delle saldature tubo-piastra, invece, i tubi si scaldano parzialmente (dilatano) rimanendo costretti tra la lunghezza del mantello che resta freddo. La ricalcatura delle saldature tubo-piastra (quindi trazione residua a fine trattamento deleteria per il fenomeno dello stress corrosion cracking) è inevitabile e accorcia sicuramente la vita del componente (tubi frequentemente da chiudere, diminuendo ogni volta la resa dell’impianto, fino a dover sostituire lo scambiatore). La flessibilità durante la costruzione degli apparecchi offerta dai trattamenti termici localizzati viene pagata sicuramente dall’utilizzatore finale.

Trattamenti termici di deidrogenazione di elementi eserciti

Nel caso di saldature e materiali base esposti alla presenza di idrogeno o sostanze che lo contengono, è necessario periodicamente eseguire le operazioni di outgassing, prima delle operazioni di riparazione o sostituzione mediante saldatura, per favorire la diffusione di idrogeno e minimizzare i rischi di criccabilità durante gli interventi. I trattamenti possono durare diversi giorni, in funzione dello spessore. Anche i trattamenti termici di distensione prima dell’esercizio aiutano a mitigare gli effetti; eventuali stati di trazione residua dopo saldatura aiutano sicuramente la diffusione di cricche di qualsiasi genere, da quelle dovute a stress corrosion cracking a quelle HIC dovute a hydrogen embrittlement (infragilimento da idrogeno).

PWHT per ridurre i livelli di idrogeno
Negli acciai bassolegati il PWHT produce l’eliminazione dell’idrogeno introdotto durante la saldatura dei giunti, riducendo così il rischio di cricche a freddo. Quando c’è il rischio che le cricche si aprano prima ancora che inizi il PWHT, è conveniente fare un post riscaldo di qualche ora a circa 300°C, utilizzando le stesse attrezzature del preriscaldo. Per non degradare le caratteristiche del materiale base degli acciai bassolegati e per avere un sufficiente PWHT è fondamentale controllare al meglio le temperature di trattamento termico.

Qualifiche della Trater
Tutte le attività sono svolte in conformità al nostro manuale “Manual of Quality Assurance”, certificato in accordo TUV AD 2000 – Merkblatt W 0 / TRD 2100, HP0. Dispone di personale qualificato fino al massimo livello (comprehensive) nei corsi EWF: “Personnel with the Responsibility for Heat Treatment of Welded Joints Doc.EWF 628-08”. E’ importante che i nostri clienti possano contare su un fornitore strutturato e affidabile come Trater, che ha a disposizione personale e mezzi per eseguire al meglio i cicli termici, e fornire pezzi sempre correttamente trattati.

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